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15 febbraio 2020

Motori di ricerca, miti da sfatare

Patrizia Maimone

Scritto daPatrizia Maimone

Tempo stimato per la lettura6 minuti

Nel momento stesso in cui andiamo online con il nostro nuovo sito abbiamo la necessità di renderlo visibile all'interno della rete. Ad aiutarci in questo compito ci pensano i motori di ricerca che hanno, proprio per questo, una duplice importanza. Da un lato, infatti, aiutano il webmaster a dare visibilità al proprio sito internet, dall'altro aiutano gli utenti della rete a trovare ciò per cui hanno effettuato una determinata ricerca nonostante i possibili risultati siano sparsi tra miliardi e miliardi di pagine.

Ed è proprio per questo essere così importanti che si sono creati, con il passare degli anni, diversi miti da sfatare che riguardano proprio i principali motori di ricerca tra cui Google, Yahoo! E Bing. Cerchiamo, in questo articolo, di fare lice su essi andando ad evidenziare cosa di vero e cosa di totalmente infondato si nasconde dietro l'infinito mondo dei motori di ricerca.

Le segnalazioni ai motori di ricerca

Ricordate come funzionava la SEO sul finire degli anni Novanta? In quegli anni ogni motore di ricerca aveva una propria modulistica con cui si effettuavano le segnalazioni dei siti internet. Era questa una delle tappe principali nei processi di ottimizzazione dei siti web. All'interno di questi moduli bisognava associare alcune informazioni ai propri siti (tra cui anche le parole chiave con cui ci si voleva posizionare) per poi inviarli al motore di ricerca stesso. Ciascuno di essi veniva scansionato ed inserito all'interno degli indici dei motori di ricerca. Con il passare del tempo, però, questa tecnica iniziò a fare acqua da tutte le parti. I tentativi di manipolare ogni informazione inserita, ad esempio, hanno fatto da apripista ad un altro metodo.

Il posizionamento sui motori di ricerca, man mano, è stato affidato ad un processo di crawling. Questo significa che si è affidato tutto ai crawler, dei software che analizzano i contenuti in rete in maniera metodica ed automatizzata per conto proprio dei motori di ricerca.

Sono quasi 20 anni, ovvero dal lontano 2001, che l'idea di segnalare il proprio sito è un'idea obsoleta ed inutile. Non sono state rare, d'altra parte, negli ultimi tempi le comunicazioni ufficiali con cui i vari motori di ricerca hanno sottolineato, ancora una volta, come l'utilizzo delle liste di URL eventualmente segnalate sia molto raro e come, al contrario, la maniera migliore per farsi notare in SERP è quella di ricevere link da siti altrui, in maniera da valorizzare naturalmente il proprio contenuto. Nonostante le segnalazioni facciano parte del passato del SEO, potrebbe ancora capitare di notare, in rete, le pagine per effettuarle. Che questa pratica serva, però, è uno dei primi miti sui motori di ricerca da sfatare. Non solo non ha alcuna utilità ma rischia anche di penalizzare il posizionamento che non sarà mai competitivo in base a ricerche specifiche effettuate dagli utenti.

L'utilizzo dei meta tag

Un po' come avveniva, anni fa, per la segnalazione del proprio sito internet ai motori di ricerca, anche l'utilizzo dei meta tag era una pratica utile in ottica SEO. In pratica, era sufficiente l'inserimento di una o più parole chiave per cui ci si voleva posizionare il sito e, nel momento stesso in cui un utente faceva una ricerca utilizzando la parola inserita, in automatico, la nostra pagina appariva tra i risultati di ricerca.

Dal momento che molte volte tale tecnica veniva utilizzata per spammare, attualmente l'inserimento di meta tag non è rilevante ai fini del posizionamento di un sito internet. Solo Yahoo tra i più grandi motori di ricerca prende ancora in considerazione questa variabile con una precisazione importantissima. I meta tag keywords vengono utilizzati per scoprire contenuti sempre nuovi ma non ha alcun utile sui posizionamenti in SERP.

Densità della parola chiave e cosiddetto "Keyword Stuffing"

Uno dei falsi miti di cui non ci si riesce proprio a liberare in merito ai motori di ricerca e, di conseguenza, alla SEO è quello inerente la densità della parola chiave. Questo parametro si calcola in maniera matematica andando a dividere il numero di volte in cui una keyword appare nel testo con il numero totale di parole che lo compongono. Sono in molti a credere ancora che questo dato influisca parecchio sul posizionamento tra i risultati del motore di ricerca. Ma si tratta di una credenza completamente errata.

Meglio, quindi, non affidarsi mai ad una teoria di questo tipo dato che un utilizzo eccessivo della parola chiave all'interno di un testo viene soltanto penalizzata da parte dei motori di ricerca. La cosa migliore rimane quella di utilizzare le keywords in maniera intelligente ponendo al primo posto l'usabilità dei siti internet. Basta soffermarci a pensare che il valore che si genera dall'utilizzare 10 volte in più la nostra keywords rispetto a quanto effettivamente dovuto è molto inferiore rispetto alla qualità che potrebbe giungere da un link che arriva direttamente da un sito che non ci inserisce tra i classici spammers di motori.

La connessione tra PPC e miglioramento del risultato organico

Il PPC, ovvero il Pay Per Click è tra i miti da sfatare sui motori di ricerca. Questa tecnica consiste nell'acquisto della pobblicità pagandola in base ai click ricevuti dalle inserzioni. È sicuramente un modo immediato di posizionarsi dato che l'annuncio viene pubblicato subito nelle prime pagine indipendentemente dal lavoro fatto per il posizionamento. Finite le campagne, però, Google ne sospende le pubblicazioni e quindi è impossibile farsi trovare sul web se non dai visitatori che hanno già visitato il sito e che se ne ricordano (è comunque molto difficile che un'ipotesi come questa si verifichi). Secondo quanto credono, erroneamente, in molti, un aumentato investimento nel PPC corrisponda con un miglior posizionamento organico. Al contrario, la diminuzione dell'investimento porterebbe a notevoli perdite in merito.

Al contrario di quanto sostenuto da questo falso mito, non vi sono assolutamente riscontri scientifici sull'impatto positivo del PPC sul posizionamento in SERP di un sito internet. Non è un caso se i principali motori di ricerca hanno provveduto a separare nettamente gli annunci pubblicitari dai risultati di ricerca veri e propri. Su Google, in maniera particolare, sono diverse le lamentele provenienti da vari inserzionisti che hanno speso budget sostanziosi per le proprie campagne pubblicitarie ma che non hanno riscontrato un ritorno in termini di posizionamento del proprio sito internet. Fino al momento in cui i due concetti rimarranno separati in maniera così netta, tutto ciò rimarrà solo un mito.

La personalizzazione dei risultati

La personalizzazione dei risultati influenza particolarmente l'area di ricerca dove si trascorre più tempo e dove si effettuano ricerche ripetute nel tempo. Ciò vuol dire che nella gran parte delle ricerche effettuate per la prima volta si otterrà sempre un risultato di tipo standard. Il fatto che la personalizzazione possa influire sulla ricerca in modo netto è vero. Al contempo, però, quasi il 92% delle ricerche che vengono effettuate non ne subiranno mai l'influenza. Per notare un cambiamento occorre che le ricerche siano tante e che siano ripetute frequentemente nel tempo.


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Lo spam all'interno del motore di ricerca

Spammare sul motore di ricerca è una pratica non recente. I primi tentativi, infatti, risalgono alla metà degli anni Novanta. La tecnica è ormai consolidata e consiste nella creazione di una pagina o di uno schema finalizzato al miglioramento artificiale del proprio posizionamento e nell'abuso degli algoritmi di Google che regolano il posizionamento. Ricordiamo, a tal proposito, che attualmente sono più di 200 i fattori di ranking che influenzano il posizionamento su Google.

La posta in gioco è, dunque, davvero molto alta e, proprio per questo, non ci sorprende affatto che cercare di manipolare i risultati di ricerca sia tra le attività più popolari su internet. Nonsotante questo, non è più facile come una volta, almeno per due ragioni che andiamo adesso ad indicare.

  1. Ogni utente detesta lo spam e, con il passare del tempo, ogni motore di ricerca l'ha imparato (spesso anche a proprie spese). Google ha fatto un grande lavoro in merito ed è oggi in grado di controllare accuratamente quanto avviene e di provvedere all'eliminazione in maniera molto più mirata rispetto ai suoi diretti competitors. Non possiamo certo dire che ha influito sul fatto che Google abbia conquistato la leadership tra i vari motori di ricerca, ma quel che è certo è che la lotta allo spamming è un'attività a cui tutti dedicano molto tempo e tante risorse.
  2. In secondo luogo, manipolare i risultati è sempre più difficile dato che aggirare ogni songolo algoritmo di Google è quasi impossibile. Concetti ormai noti come quello del TrustRank, di ogni singola visita, delle analisi statistiche, dei dati storici e tanto altro, insieme ad ogni implementazione come lo svalutare i link a pagamento o il combattere i link del footer, hanno fatto in modo che qualunque tentativo di spam diminuisca. Allo stesso tempo, le cosiddette white hat, ovvero le tecniche che non vanno a violare le linee guida di ogni singolo motore di ricerca, hanno acquisito sempre più punteggio. A questo proposito è importantissima una parentesi su quelli che sono i singoli fattori che ogni motore di ricerca va ad utilizzare per l'identificazione dello spam.


Il Keyword Stuffing

Abbiamo già parlato di una delle tecniche più utilizzate per la manipolazione dei risultati di ricerca. Si tratta del Keyword stuffing, ovvero del ripetersi, molto più del normalmente consentito, della parola chiave (a volte anche di intere frasi) all'interno di una pagina. In questa maniera si pensa che, con il ripetere incessante della keyword, si confonda il motore di ricerca e vi si dia maggiore evidenza. Scientificamente, però, il condizionamento sul posizionamento in SERP avviene molto, ma davvero molto raramente. Difatti, i motori di ricerca hanno algoritmi molto sofisticati per i quali risulta essere un gioco da ragazzi individuare la presenza eccessiva della parola chiave all'interno del testo.

I link a fini manipolativi

Utilizzare i link per manipolare i risultati del posizionamento è tra le tecniche di spam più in voga ed è, tra l'altro, una delle problematiche più difficili da combattere proprio perché si può manifestare sotto diverse vesti. Vi sono, ad esempio, diverse tipologie di programmi per scambiare link reciprocamente in cui i partecipanti creano delle pagine appositamente per linkarsi vicendevolmente per aumentare la propria link popularity. Vi sono, poi, i cosiddetti link autoreferenziali che prevedono la costruzione di siti web completamente inutili e privi di ogni valore al solo scopo di acquisire link. Ci sono, poi, i link a pagamento da combattere. Si tratta di link messi in vendita da alcuni siti che li vendono, per l'appunto, a chi vuole incrementare la link popularity del proprio sito. Sono parecchi, infine, i siti internet che ricorrono all'inserire i link su directory qualitativamente scarse e, normalmente, messe a disposizione sempre a pagamento. Queste sono solo alcune tattiche utilizzate dai più per la manipolazione del linking building. La nascita di nuovi algoritmi, però, li ha sempre scovati e siamo certi che, anche in futuro, la lotta sarà sempre al cardiopalma dato che ad ogni problema i motori di ricerca troveranno sempre un risultato.

La tecnica del Cloaking

Il Cloaking, ovvero la pratica di mostrare ai visitatori un contenuto diverso rispetto a quello che viene mostrato ai motori di ricerca, è severamente vietato. Nel momento in cui il motore di ricerca si accorge che un determinato sito fa uso di questa tecnica, lo penalizza pesantemente andando ad eliminarlo dalla propria SERP. Ci sono tanti modi in cui è possibile mettere in pratica questa tecnica che, tra l'altro, ha motivo di esistere per diversi motivi. Tra questi ve ne sono anche alcuni positivi che, fate bene attenzione, in quanto tali, non vengono penalizzati da Google and company. Questo discorso vale soprattutto quando questi metodi sono utilizzati per migliorare l'esperienza utente all'interno di determinate pagine.

I miti da sfatare sull'investimento nei motori di ricerca

L'investimento sui motori di ricerca e, dunque, sul lavoro che miri a garantire, per vie assolutamente lecite, il buon posizionamento di un sito internet è argomento da sempre molto dibattuto. Molte aziende, infatti, si trattengono un po' da questa pratica e preferiscono affidare l'ottimizzazione a personale interno all'azienda stessa (spesso non adeguatamente formato) piuttosto che ad un vero e proprio specialista SEO. Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. In particolare, il 97% delle aziende che agiscono così riescono a comparire molto difficilmente tra i primi risultati per parole chiave specifiche. E quasi il 50% di queste, a seguito di un'analisi approfondita, risulta non aver utilizzato nemmeno la nozione basilare per l'ottimizzazione del sito internet in termini di posizionamento sui motori di ricerca.

A questo punto sarebbe lecito chiederci per quale motivo i responsabili delle aziende non richiedono l'intervento di specialisti nel settore?

La risposta si basa, anch'essa, su una serie di miti inerenti proprio l'investimento sui motori di ricerca che bisogna assolutamente sfatare. Ne prenderemo in considerazione, in particolare, quattro. Vediamoli un po' più da vicino.

  • È possibile fare tutto dall'interno, non abbiamo bisogno di nessuno
Sono molte le aziende che ritengono, avvalorando questo primo mito, che il lavoro di ottimizzazione per posizionare il sito sui motori di ricerca possa essere svolto semplicemente da un webmaster interno all'azienda stessa. Nulla di più sbagliato! La problematica principale, in questo senso, si ritrova nel fatto che logiche e software vengono continuamente aggiornate e dunque, per fare un lavoro corretto, bisogna dedicarcisi davvero a tempo pieno. E questa non è solo una regola facoltativa bensì obbligatoria dal momento che, sopraggiunto un errore, anche minimo, ci vogliono pur sempre diversi mesi di lavoro per riuscire a rimediare in maniera efficace. E alcune volte per riuscire a ripristinare la situazione (anche non idilliaca) iniziale occorre un rifacimento totale della struttura del sito. In definitiva, se le risorse interne dovessero tenersi aggiornate su ogni logica di posizionamento al fine di raggiungere un risultato efficace, costerebbero di più alle aziende rispetto a specialisti esterni che, costano meno e riescono a garantire uno standard più elevato.

  • Abbiamo un software "tutto fare" che farà tutto il lavoro per noi
Siete in possesso di un software tutto fare e pensate, per questo, di avere tra le mani una bacchetta magica per garantirvi il giusto posizionamento sui motori di ricerca? Se la risposta è affermativa, siete cascati appieno in quello che è il secondo mito da sfatare in termini di investimento sui motori di ricerca. Software dalle capacità magiche che promettono l'indicizzazione del vostro sito sui più svariati motori di ricerca sono, in realtà, più utili a chi li vende che a chi li acquista per utilizzarli. Lontano da noi il voler demonizzare l'uso di questi strumenti ma siamo consapevoli che non sono sufficienti a garantirci il successo sul web. La cosa peggiore è che spesso a proporre l'utilizzo di questi software sono le stesse aziende che, magari, hanno realizzato il sito per il cliente o si occupano della gestione dell'hosting. Una soluzione, l'abbiamo compreso che non porta a nulla se non, nei casi peggiori, a spammare all'interno dei motori di ricerca rischiando di far bannare il proprio sito.

  • Gli esperti costano in maniera eccessiva e non vale la pena assumerli
Quante volte avete sentito dire, in ambito aziendale, che gli esperti SEO sono troppo costosi per essere presi davvero in considerazione? Se bazzicate in questo ambiente, sicuramente molte volte. E non è un caso se proprio questo è un altro dei miti che spingono le aziende al "fai da te". La verità è una sola: gli investimenti fatti sui motori di ricerca sono valutati in maniera molto minore rispetto ai risultati che apportano. Anche gli investimenti più piccoli, è stato studiato, riescono ad apportare un incremento di traffico che può sfiorare il 400%. Si tratterà, poi, sempre di traffico utile in quanto qualitativamente elevato e in linea con il profilo aziendale.

  • Il traffico che proviene dai motori di ricerca ha meno valore di altri
Il mito peggiore da sfatare in merito all'investimento sui motori di ricerca è quello in base a cui il traffico che proviene dai motori di ricerca ha un valore inferiore rispetto a quello che proviene da qualunque altra fonte. Tutte le aziende che si impegnano nelle campagne promozionali conoscono le difficoltà di riuscire a raggiungere il proprio target di utenti nel momento stesso in cui questi avrebbero bisogno di determinati prodotti o servizi tipici dell'azienda stessa. Grazie al lavoro dei motori di ricerca, però, tutte le aziende possono riuscire ad avvicinarsi a questa meta dato che gli utenti stessi, spinti dal bisogno momentaneo, si metteranno sui search engine alla ricerca di un informazione o di un prodotto specifico che più si avvicina a quanto gli serve.

La propensione all'azione, dunque, risulta essere molto alta in qnanto i visitatori giungono sui siti in un momento propizio in cui hanno la necessità di soddisfare un bisogno. Eppure questo sembra essere un dettaglio secondario per buona parte dei marketers ed i motivi sono ancora abbastanza ignoti.

Tutto questo, negli ultimi tempi e specialmente in Italia, sta però volgendo al cambiamento per i motivi più disparati. Gli stessi responsabili delle aziende fanno utilizzo del motore di ricerca per svolgere al meglio il proprio lavoro e comprendono, per questo, quanto il suo ruolo sia di fondamentale importanza e come non vada mai tralasciato.


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