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28 febbraio 2021

Migrazione di un sito web: come, quando e perché?

Patrizia Maimone

Scritto daPatrizia Maimone

Tempo stimato per la lettura5 minuti

Migrazione SEO, Ne avete mai sentito parlare? Se gestite o possedete un sito internet sicuramente sì! Oggi cercheremo di comprendere quando questo processo si rende necessario, cosa vuol dire concretamente trasferire un sito internet (perché questa è, in effetti, la migrazione) e quali sono i rischi e problemi a cui possiamo andare incontro. Cerchiamo di porre la massima attenzione perché una migrazione effettuata male si può tradurre solo in un'unica parola: problemi!

Se hai bisogno di aiuto, o semplicemente di un parere, non esitare a contattarci!

Cosa si intende per migrazione SEO?
Per comprendere in linee dapprima generali cosa intensiamo per migrazione ci basta pensare a quella che è la migrazione degli uccelli a cui assistiamo tutti gli anni. In quell'occasione, i volatili si trasferiscono da un posto ad un altro in cui troveranno, indubbiamente, condizioni più favorevoli alla propria sopravvivenza. Ebbene, la migrazione SEO non ha molto di diverso ma a trasferirsi, questa volta, è un intero sito web. Questa può avvenire in più di una forma (e lo vedremo a breve!). Va sempre ribadito che si tratta di un concetto e di un'operazione delicatissima. Sbagliare vorrebbe dire compromettere seriamente l'intera ottica SEO del sito interessando, danneggiando i traffici organici e il posizionamento guadagnato, con anni di lavoro e sacrificio, sui motori di ricerca. Che dire, poi, di una peggiorata User Experience che possiamo causare ai nostri visitatori che si troverebbero a doversi muovere su siti diversi e, magari, problematici? Meglio, dunque, prestare la massima attenzione o affidarsi ad agenzie specializzate nella gestione dei siti web e, dunque, anche nella migrazione.

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Cosa vuol dire migrare un sito internet e forme più comuni
Chiarito quello che si intende per migrazione SEO di un sito internet e ribadito, di nuovo, che si tratta spesso e volentieri di un'operazione abbastanza complicata da portare a termine da soli (se poco esperti), andiamo a capire quali sono le tipologie o forme di migrazione effettuabili. Alcune di queste sono più semplici, altre più complicate.
La difficoltà dipende naturalmente dal tipo di migrazione che dovremo andare ad effettuare. Tra tutte (e le vedremo a breve) modificare l'URL è l'operazione più complicata che, se errata, può danneggiare più seriamente il posizionamento del sito internet. I siti web possono avere un numero minimo di pagine o tantissime, ma non è sempre semplicissimo raggiungere il giusto equilibrio per lo spostamento corretto del posizionamento di ogni URL, da quello più vecchio a quello più nuovo. Di buono, però, c'è che una migrazione gestita correttamente ci garantisce che non subiremo alcun effetto negativo sul ranking. Di seguito vediamo quelle che possiamo definire più frequenti.

- Modificare gli URL, nel momento stesso in cui abbreviamo, ad esempio, gli URL per renderli più leggibili, correggiamo quelli errati oppure rimuoviamo alcuni elementi dallo slug (spesso, ad esempio, vengono eliminate le indicazioni sull'anno).
- Unire vari contenuti tra loro, nel momento in cui abbiamo nel nostro sito diverse pagine con contenuti del medesimo argomento che, quindi, tendono a cannibalizzarsi a vicenda è utile unirle insieme per azzerare questo inconveniente.
- Riprogettare il sito internet è una migrazione che otteniamo quando modifichiamo gli aspetti dei siti internet (ad esempio quando eliminiamo dei contenuti o ne integriamo alcuni con concetti del tutto nuovi).
- Modificare l'architettura del sito ovvero quando riorganizziamo il modo in cui sono architettate le informazioni perché non ci riteniamo soddisfatti o quando aggiungiamo nuovi prodotti all'interno dei siti.
- Passare da HTTP a HTTPS. In questo caso cambieremo i protocolli e, di conseguenza, cambieranno anche gli URL. In compenso i nostri siti internet verranno pubblicati su connessioni protette.
- Cambiare il provider di hosting ovvero quando decidiamo di scegliere un altro hosting che ospiti il nostro sito perché non siamo soddisfatti di quanto ci viene offerto da quello scelto al momento in cui abbiamo avviato il sito.
- Passare ad un nuovo CMS, scelta ideale se il nostro sito ha raggiunto alti livelli in termini di pagine pubblicate (e visite) ed abbiamo necessità di un CMS più "generoso".
- Cambiare il nome di dominio, necessario nel caso in cui abbiamo deciso di cambiare di netto il nome del nostro sito internet.
- Unire vari siti internet. Ultima tra le migrazioni SEO più comuni avviene nel momento in cui abbiamo la necessità di unire più siti in uno soltanto.

A cosa serve la migrazione SEO?
Una volta chiariti i casi in cui la migrazione SEO conviene ed è altamente consigliata, chiariamo definitivamente a cosa serve questa procedura e perché dovremmo farla. La migrazione serve, in tutti quei casi elencati, a non perdere il posizionamento che ci siamo guadagnati fino a questo momento in SERP oltre che ad evitare un calo di traffico ma anzi, andando a migliorare, a medio e lungo tempo, entrambi i parametri. L'aspetto più importante, comunque, rimane quello di riuscire a fornire una continuità di servizi al visitatore (che rimane sempre al centro di tutte le nostre attenzioni).

Come si gestisce correttamente una migrazione SEO? Le varie fasi da seguire
La maniera più efficace di affrontare una migrazione SEO rimane indubbiamente il cercare quanto più possibile di evitare di farla. Per quanto abbiamo detto sopra, ogni procedura che vada a modificare l'URL va attentamente studiata e valutata in quanto molto pericolosa. Nel momento stesso in cui iniziamo a variare gli URL stiamo in sostanza buttando via i nostri vecchi posizionamenti. Quando invece non abbiamo alternativa dobbiamo sperare che i reindirizzamenti possano essere ben digeriti dai motori di ricerca. Ricordiamo comunque che ad una migrazione anche se perfettamente riuscita segue sempre un'inevitabile perdita di valore.
Di norma sconsigliamo sempre la modifica degli URL a meno che non vi siano altre strade. A volte è più semplice arrivare ad un miglioramento del ranking su vecchi URL che posizionare quelli nuovi.
Per una migrazione gestita correttamente dobbiamo attenerci scrupolosamente a determinate procedure (che spiegheremo). Quanto diremo sarà adattabile a tutti i siti dal momento che l'iter da seguire è praticamente identico e non dipende né dai siti dé dai CMS. Pronti a tuffarvi in quest'esperienza? Andiamo a vedere le tre fasi salienti: quella della migrazione vera e propria, quella che la precede e quella che, infine, la segue.

Prima della migrazione, come comportarsi
Pianificare correttamente il lavoro è importante per una corretta migrazione. Prendiamoci tutto il tempo che ci serve per analizzare la situazione, creiamo solide check list ed educhiamo chi lavorerà con noi ai rischi che potrebbero associarsi al tutto. Anche se, lo chiariamo, da questa fase in avanti è sempre bene che nel team sia presente un esperto SEO.

Bisogno di ulteriori informazioni sulla fase pre migrazione? Contattaci

Le attività che svolgeremo in questa fase sono mirate alla preparazione di Google e dei siti internet ai cambi di dominio o a qualunque altre procedura debba essere messa in atto. Prima di iniziare, infatti, è importante che i vecchi siti siano strutturalmente in ordine con tutti gli aggiornamenti e le eventuali correzioni già apportate. Per la corretta indicizzazione del nuovo sito, infatti, dobbiamo partire da un vecchio sito che possa rappresentare un saldo punto da cui partire e che offra, quindi, una buona stabilità e un altrettanto efficace funzionamento. Ecco le procedure da seguire:

  1. Svolgiamo il crawling dei vecchi siti utilizzando uno spider che possa consentirci di fare un buon lavoro. Salviamo ogni dato e tutte le strutture degli URL andando ad esportare in un documento Excel ogni pagina ed ogni immagine dei siti. Non tralasciamo le immagini perché anch'esse possono essere oggetto di condivisione.
  2. Scarichiamo i databases di ogni landing page organica utilizzando la Google Search Console.
  3. Correggiamo, qualora presenti, tutti gli errori 3xx, 4xx e 5xx. Solo garantendo una navigazione senza errori si potrà distribuire correttamente la link juice. Dobbiamo procedere con l'individuazione di ogni link rotto o redirezionato e correggerlo puntando all'URL con status code 200. Ricordiamo che redirezionare significa rifurre la distribuzione della citata Link Juice. Consigliamo, quindi, sempre di prediligere il link diretto.
  4. Scarichiamo gli elenchi dei backlink che arrivano ai vecchi siti. Per farlo possiamo utilizzare direttamente la Google Search Console. Salviamo gli elenchi di ogni pagina linkata dai siti esterni utilizzando, anche stavolta, un file Excel che andremo a recuperare successivamente.
  5. Correggiamo ogni backlink che risulti rotto. Se, durante il punto 3, avessimo trovato backlink che generano errore 4xx è consigliabile utilizzare il redirect 301 verso una pagina alternativa per non incorrere nella perdita di qualche risorsa importante e avere una distribuzione quanto più ampia della Link Juice prima di procedere con la migrazione.
  6. Aggiorniamo la Sitemap.xml utilizzando i dati raccolti fino a questo momento. Utilizziamo solo URL di tipo canonico e non creiamo pagine duplicate per non vanificare quanto fatto finora.
  7. Inviamo la Sitemap appena aggiornata a Google Search Console per fornire al motore di ricerca elenchi quanto più completi e corretti di ogni pagina che andrà scansionata con la nuova Sitemap.
  8. Aggiorniamo il file Robots.txt per evitare che alcune "parti" del nostro sito vengano bloccate dal momento che l'accesso di Google ad esse è importante per favorire una corretta indicizzazione.
  9. Registriamo il nuovo dominio su Google Search Console utilizzando ogni profilo necessario. Per maggiori informazioni in merito, contattaci.
  10. Attiviamo una pagina di benvenuto sui nuovi domini con almeno un mesetto di anticipo in maniera da preparare motore di ricerca e visitatori al prossimo cambiamento.
  11. Qualora sia fattibile, generiamo alcuni backlink e condivisioni utilizzando il nuovo URL.
  12. Facciamo un backup di tutto il lavoro svolto in modo che, se qualcosa, malauguratamente, non dovesse andare bene possiamo sempre recuperare quanto fatto senza dover ricominciare tutto daccapo.
  13. Abbassiamo il TTL dei record DNS in modo da effettuare la migrazione in tempi più rapidi e riuscire ad effettuare backup nel caso qualcosa andasse male. Il valore consigliato per il TTL (che, lo ricordiamo, indica il tempo per cui i server DNS conservano i record DNS dei nostri domini prima di effettuare una nuova richiesta) è pari a 300 (ovviamente secondi).

Il momento cruciale, la migrazione vera e propria
Il giorno della migrazione è indubbiamente quello più importante per l'intera operazione di trasferimento. Consigliamo di effettuarla durante la notte (se il vostro webmaster è daccordo) o, in alternativa, di scegliere un momento in cui il traffico è piuttosto basso (il fine settimana potrebbe essere l'ideale!). Se dovessimo scegliere, infatti, un momento differente potremmo rischiare di perdere qualche visita di utenti magari intensionati a navigare sul nostro sito proprio in quell'attimo. Anche in questo caso è indispensabile seguire un determinato numero di fasi che abbiamo nuovamente suddiviso per facilitarne la lettura e, successivamente, la comprensione. Vediamole più da vicino!

  1. Mettiamo online i nuovi siti caricando i file e il database sul nuovo server e andiamo ad attivarlo. Da quel momento saremo online a tutti gli effetti.
  2. Nel caso in cui mantenessimo gli stessi domini, cambiamo il puntamento DNS dai nuovi server a quelli nuovi andando a puntare verso il nuovo IP.
  3. Nel frattempo non disabilitiamo il vecchio server ed il vecchio sito. Google, infatti, avrà bisogno di qualche giorno per rendersi conto di quanto stiamo facendo. L'eliminazione dei vecchi server porterebbe ad una perdita di traffico dal momento che solo se questi sono ancora attivi i back link provenienti da altri siti andranno incontro ad una reindirizzazione corretta.
  4. Facciamo il crawling dei nuovi siti andando a verificare l'eventuale presenza di errori 3xx, 4xx e 5xx. Le fasi di "lavorazione", infatti, non sono immuni da errori e dal momento che può capitare è meglio effettuare una scansione che vada a verificare per bene il tutto.
  5. Generiamo la nuova Sitemap.xml utilizzando tutti gli elenchi degli URL dei nuovi siti appena messi online.
  6. Inviamo la nuova Sitemap a Google Search Console in modo che il lavoro per il nuovo processo di indicizzazione (ed il relativo monitoraggio) possa partire normalmente.
  7. Generiamo il nuovo Robots.txt senza bloccare, ci raccomandiamo, né i file CSS né i JS, fondamentali per indicizzare al meglio i nostri contenuti.
  8. Redirezioniamo ogni vecchia pagina verso la rispettiva nuova pagina. Allo scopo utilizziamo il database che abbiamo creato nella fase precedente alla migrazione e di cui abbiamo appena parlato. Trasformiamo il database in regola per i webserver e attiviamo le funzioni di redirect.
  9. Verifichiamo che ogni redirezione funzioni correttamente scansionando la vecchia sitemap. Il lavoro è andato a buon fine se ogni indirizzo viene redirezionato 301 verso una nuova pagina.
  10. Verifichiamo che i web server forniscano un codice 404 ogni volta che si ricerca una risorsa che non esiste. Fare quest'operazione è importante per proteggere il nostro sito da eventuale black link maligno che punti indirizzi inesistenti e fornisca anchor text che ci penalizzerebbero nel posizionamento.
  11. Avviamo la cosiddetta migrazione SEO gestita utilizzando lo Strumento Cambio Indirizzo della Google Search Console ed avviamo il processo.
  12. Installiamo ogni strumento di Web Analytics che ci possa essere utile e per la cui scelta è sempre bene farsi consigliare da un esperto SEO.

Cosa accade a migrazione avvenuta?
Dopo la migrazione SEO inizia la fase in cui andremo a controllare e verificare come i nuovi siti vengono indicizzati. Questo sarà il momento in cui potremo andare a risolvere, sin dalla radice, i primi eventuali errori. Il consiglio base è quello di dedicarci ad analizzare i KPI fondamentali.

  1. Correggiamo i back link che abbiamo creato in oridine nella web directory e aggiorniamo i puntamenti verso i nuovi siti web.
  2. Monitoriamo lo stato di salute di tutti i KPI e facciamo quotidianamente. Tramite la Google Search Console possiamo anche verificare come stanno andando le parole chiave e controllare i traffici generati.
  3. Monitoriamo gli errori 404 in modo da redirezionare le pagine che dovessero ancora dare questo errore (da eliminare quanto prima possibile).
  4. Ricordiamoci sempre di dedicarci al rinnovamento dei vecchi domini oltre che di quelli definitivi.

Perché si può perdere traffico dopo una migrazione
Abbiamo anticipato come una leggera diminuzione di traffico subito dopo una migrazione potrebbe essere considerata una cosa che rientra nella normalità. Se il problema persiste più a lungo, però, può celarsi anche qualche altra motivazione. Può darsi che il lavoro sia stato fatto senza essere pienamente consapevoli dei rischi SEO che si potevano correre, come può darsi anche che la fase di pianificazione abbia lasciato troppo a desiderare. Il più delle volte, comunque, una migrazione fallisce quando mancano le competenze in chi la sta svolgendo. Ed ecco perché è fondalmentale addentrarsi in quest'operazione solo se ci intendiamo di SEO. In caso contrario, meglio affidarci ad un team di esperti.

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